Si scopre che più di un anno prima dell’attacco di Hamas, l’intelligence israeliana aveva ottenuto numerosi documenti che fornivano una descrizione dettagliata di ciò che Hamas avrebbe fatto il 7 ottobre. Ma gli israeliani hanno respinto il piano ritenendolo irrealistico e quindi non meritevole di essere affrontato. Cosa spiega questa reazione?
I fallimenti dell’intelligence sono solitamente di tre tipi: segnali mancati, segnali mal gestiti e segnali ridotti. Il più comune è il primo tipo: l’incapacità di individuare segnali di grandi cambiamenti, come l’imminente fine di un regime (Unione Sovietica, 1989), un improvviso trasferimento di potere (Iran, 1978), o il fallimento di un piano militare ( Golfo d’America). L’invasione dei maiali, 1961).
Poi arrivano i fallimenti derivanti da disfunzioni burocratiche, come i molteplici errori commessi dalle agenzie nel periodo precedente agli attacchi dell’11 settembre. Infine, e la cosa peggiore, è l’incapacità di prestare attenzione ai molteplici segnali d’allarme pur riconoscendoli come tali. Un esempio di ciò sono gli attacchi a sorpresa contro Pearl Harbor e Israele da parte di Egitto e Siria nell’ottobre 1973.
Quando Hamas attaccò Israele il 7 ottobre, molti analisti videro nel fallimento dell’intelligence un problema del primo tipo: la comunità dell’intelligence israeliana non si aspettava che ciò accadesse, e quindi non si preparò ad affrontarlo. Ma ora disponiamo di documenti che in realtà indicano che il fallimento è stato del terzo tipo: la comunità dell’intelligence aveva i dati ma ha scelto di ignorarli: una tabella di marcia completa dei piani offensivi di Hamas più di un anno prima del 7 ottobre.
Sapeva esattamente cosa avrebbe fatto Hamas e, sebbene non sapesse quando, sapeva dove e come: in altre parole, Pearl Harbor e l’Egitto-Siria furono ignorati.
Dal rapporto del New York Times su questa documentazione, risulta che la ragione principale di questo fallimento dell’intelligence è l’arroganza degli analisti: la convinzione che Hamas sia incapace di portare a termine un attacco così dettagliato e fantasioso. Questa conclusione dovette essere particolarmente dolorosa per gli israeliani, perché nel 1973, come determinò la revisione della CIA, l’intelligence israeliana (e americana) aveva informazioni “abbondanti, minacciose e spesso accurate” che suggerivano che si fosse verificato un attacco.
Tuttavia, le informazioni non furono prese sul serio, gli avvertimenti non furono ascoltati e il pensiero dei nemici di Israele fu interpretato male. Sembra che la frase “non oseranno” fosse alla base della valutazione di Israele e degli Stati Uniti – da qui l’attacco a sorpresa che non avrebbe dovuto avvenire, come è avvenuto il 7 ottobre.
A causa di questi costosissimi fallimenti dell’intelligence si può dire che l’abbondanza di segnali d’allarme è stata mascherata da altre informazioni che non indicavano un attacco. Questo è il fenomeno del rumore, spiegato nel classico studio di Roberta Wohlstetter Pearl Harbor: Warning and Solution.
Ma come ha scoperto il suo studio, pensare in modo errato alla volontà del Giappone di entrare in guerra con gli Stati Uniti è stato un grave difetto che ha minato la capacità degli ufficiali dell’intelligence di separare il rumore dai segnali di allarme. Pensavano che il Giappone sapesse che non avrebbe potuto vincere una guerra del genere e quindi non avrebbe attaccato le forze americane.
Il pensiero israeliano su Hamas sembra aver seguito lo stesso percorso, con conseguenze tragiche.
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